giovedì 21 novembre 2019

Nessuno in Israele ha saputo che hanno commesso un massacro e che non gliene importa niente


di Gideon Levy

17 novembre 2019 - Haaretz

Il pilota del cacciabombardiere non lo sapeva. I suoi comandanti che gli hanno dato gli
ordini, il ministero della Difesa e il comandante in capo neppure, né il comandante
dell’aviazione militare. Gli ufficiali dell’intelligence che hanno deciso l’obiettivo e il
portavoce dell’esercito, che mente senza fare una piega, non ne sapevano niente.
Nessuno dei nostri eroi sapeva. Quelli che sanno sempre tutto improvvisamente non
sapevano. Quelli che possono scovare il figlio di un ricercato in un quartiere periferico di
Damasco non sapevano che una povera famiglia stava dormendo all’interno del suo
miserabile tugurio a Dir al-Balah.
Essi, militari dell’esercito più morale e dei servizi di intelligence più avanzati al mondo,
non sapevano che la precaria baracca di lamiera da molto tempo aveva smesso di essere
parte dell’ “infrastruttura della Jihad Islamica”, e ci sono dubbi che lo sia mai stata. Non
sapevano e non si sono neanche preoccupati di verificare – dopotutto, qual è la cosa
peggiore che possa capitare?
Venerdì il giornalista Yaniv Kubovich ha svelato la scioccante verità sul sito web di
Haaretz: il bersaglio non era stato riesaminato da almeno un anno prima dell’attacco, la
persona che avrebbe dovuto essere il suo obiettivo non è mai esistita e l’informazione era
basata sul sentito dire. La bomba è stata comunque sganciata. Il risultato: otto corpi avvolti
in sudari colorati, alcuni terribilmente piccoli, tutti in fila; membri della stessa famiglia
estesa, la Asoarkas, cinque dei quali bambini – compresi due bimbi piccoli.
Se fossero stati cittadini israeliani lo Stato avrebbe mosso cielo e terra per vendicare il
sangue del suo famoso bambinetto e il mondo sarebbe rimasto scioccato dalla crudeltà del
terrorismo palestinese. Ma Moad Mohamed Asoarka era solo un bambino palestinese di
sette anni che viveva ed è morto in una baracca di lamiera, senza presente né futuro, la cui
vita valeva poco ed è stata breve come quella di una farfalla: il suo assassino è stato un
famoso pilota.
E’ stato un massacro. Nessuno verrà punito per questo. “La lista dei bersagli non era stata
aggiornata,” hanno detto fonti ufficiali dell’esercito. (Dopo che l’inchiesta di Yaniv
Kubovich è stata pubblicata, il portavoce dell’esercito ha rilasciato un altro comunicato:
“Alcuni giorni prima dell’attacco è stato confermato che l’edificio era un bersaglio.”) Ma
questo massacro è stato peggiore dell’omicidio mirato di Salah Shehada ed è stato accolto
con ancor maggiore indifferenza in Israele.
Il 22 luglio 2002 un pilota dell’aviazione militare israeliana lanciò una bomba da una
tonnellata su un quartiere residenziale che uccise 16 persone, compreso un uomo
effettivamente ricercato. Giovedì, prima dell’alba un pilota ha lanciato una bomba più
intelligente, una JDAM, su una fragile baracca in cui non si nascondeva nessun ricercato.
È risultato che persino il ricercato citato da un portavoce dell’esercito era frutto della sua
immaginazione. Gli unici che c’erano lì erano donne, bambini e uomini innocenti che
stavano dormendo nel cuore della notte di Gaza. In entrambi i casi le Forze di Difesa
Israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.] hanno usato la stessa menzogna: pensavamo che
l’edificio fosse vuoto. “Le IDF stanno ancora cercando di capire cosa stesse facendo la
famiglia in quel luogo,” è stata la sfacciata e terribilmente laconica risposta, che ha
insinuato che la colpa fosse della famiglia. Infatti, cosa ci facevano lì Wasim, 13 anni,
Il giorno dopo l’uccisione di Shehada e di 15 dei suoi vicini, e dopo che le IDF avevano
continuato a sostenere che le loro case erano “baracche disabitate”, andai sul luogo del

bombardamento, il quartiere di Daraj a Gaza City. Non baracche ma condomini, alti
qualche piano, tutti densamente abitati, come ogni casa a Gaza. Mohammed Matar, che
aveva lavorato per 30 anni in Israele, giaceva prostrato a terra, un braccio e un occhio
bendati, tra le rovine, vicino all’ immenso cratere creato dall’esplosione. Sua figlia, sua
nuora e quattro dei suoi nipoti erano morti nell’esplosione; tre dei figli erano rimasti feriti.
“Perché ci hanno fatto questo?” mi chiese, scioccato. All’epoca 27 dei piloti più coraggiosi
dell’aviazione israeliana firmarono la cosiddetta ‘lettera dei piloti’, rifiutando di
partecipare ad operazioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Questa volta neppure un
pilota ha rifiutato di partecipare, ed è dubbio che qualcuno lo farà in futuro.
“Esseri umani. Sono esseri umani. Qui c’è stata una battaglia – infermieri e medici contro
la morte,” ha scritto il coraggioso medico norvegese Mads Gilbert, che corre in aiuto degli
abitanti della Striscia di Gaza quando viene bombardata, curando i feriti con infinita
dedizione. Gilbert ha aggiunto una foto della sala operatoria nell’ospedale Shifa di Gaza
City: sangue sul tavolo, sangue sul pavimento, bende intrise di sangue ovunque. Giovedì si
è aggiunto il sangue della famiglia Asoarka, che grida a orecchie sorde.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

2 commenti:

  1. C'è poco da commentare difronte ai massacri impuniti compiuti da una banda criminale prezzolata al servizio dei potenti del mondo per tenere a bada qualche lurido, sporco e inquinante pozzo petrolifero.

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  2. Manica di Demoni assetati di sangue umano.

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