Recensione di Jeff Steinberg, pubblicata il 17 febbraio 2006 dalla rivista Executive Intelligence Review (anno 33 n. 7).
«Devil's Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam» di Robert Dreyfuss.
New York: Henry Holt and Company, 2005 – 388 pp. 27.50 $
Una sporca storia d'amore con la Fratellanza Musulmana di Londra
Chi scrive ha recentemente partecipato ad una conferenza del Senato
USA che doveva essere un simposio di esperti su Al-Qaeda. Ai tre massimi
esperti presenti ho rivolto una domanda sui collegamenti tra Al-Qaeda e la Fratellanza Musulmana,
facendo anche presente che i rapporti della Commissione sull'11
settembre riferiscono che il presunto coordinatore dell'attacco dell'11
settembre, lo sceicco Khaled Mohammed, che è stato catturato,
afferma di essere stato reclutato all'età di 16 anni dalla Fratellanza
Musulmana. La mia domanda ha suscitato occhiate nel vuoto dei presunti
esperti ed è rimasta senza risposta. Dopo però uno dei tre mi ha
avvicinato per dirmi confidenzialmente di sapere qualcosa sui legami tra
la Fratellanza e Al-Qaeda, ma che quel pubblico, comunque composto di
personale che lavora al Congresso e secchioni dei massimi pensatoi
politici, non sarebbe stato capace di capire la risposta complicata che
lui mi avrebbe voluto dare.
L'episodio sintetizza in maniera eloquente la preparazione dei
cosiddetti esperti di terrorismo, molti dei quali vantano titoli
accademici in sociologia, psicologia, e scienze dei computer. La storia
però non è il loro forte, e ancor meno pensano di dover applicare le
lezioni che essa impartisce alle questioni di cui si dichiarano esperti.
Ho avuto poi occasione di riferire l'episodio ad alcuni ufficiali
militari e dei servizi in congedo, che effettivamente possono essere
ritenuti degli esperti in questioni mediorientali, ed essi non hanno
fatto altro che scuotere la testa, rammaricandosi del fatto che si
tratta di un problema che, purtroppo, conoscono molto bene.
Fortunatamente il giornalista e ricercatore Robert Dreyfuss
supplisce, con il libro «Devil's Game...», ad alcune di queste lacune
dei presunti esperti di terrorismo statunitensi, e del mondo politico e
diplomatico in generale.
«Devil's Game» fornisce un quadro molto vivido di come, da circa un
secolo, gli Stati Uniti si lascino trascinare nella palude mediorientale
dall'apparato imperiale britannico che ha sponsorizzato e manipolato il
fondamentalismo islamico fin dagli albori della politica del petrolio,
alla fine del XIX secolo. L'opera di Dreyfuss espone una buona
panoramica della principale letteratura sulla Fratellanza Musulmana e le
sue varie filiazioni del XX secolo, attentamente integrata con
interviste ad alcuni diplomatici e funzionari dell'intelligence che
hanno fatto molta esperienza in Medio Oriente.
Nel capitolo introduttivo Dreyfuss presenta una diagnosi e una
terapia per la guerra al terrorismo dell'amministrazione Bush. “Una
guerra al terrorismo”, scrive Dreyfuss, “è il modo più sbagliato di
affrontare la sfida politica rappresentata dall'Islam. Si tratta di una
sfida che presenta due aspetti. Primo, c'è la minaccia specifica
all'incolumità e alla sicurezza degli americani posta da Al-Qaeda;
secondo, c'è un più ampio problema politico creato dalla crescita della
destra islamica in Medio Oriente e nell'Asia meridionale”. “A proposito
di Al-Qaeda, l'amministrazione Bush ha deliberatamente esagerato le
dimensioni della minaccia che rappresenta”.
“Non è un'organizzazione onnipotente ... Il ricorso ai militari,
perché conducano una guerra convenzionale, non è il modo di attaccare
Al-Qaeda, perché essa costituisce primariamente un problema per
l'intelligence e le forze di polizia. La guerra in Afghanistan è stata
concepita male, non è riuscita a distruggere la dirigenza di Al-Qaeda,
non è riuscita a distruggere i Talebani, che si sono sparpagliati, e non
è riuscita a stabilizzare se non temporaneamente quella nazione
martoriata, creando un debole governo centrale alla mercè dei signori
della guerra e delle ex bande dei Talebani. Peggio, la guerra in Iraq
non è solo malconcepita e non necessaria, ma ha colpito una nazione che
non aveva assolutamente legami con la banda di Bin Laden. E' come se, ha
spiegato un esperto, Franklin Delano Roosevelt avesse attaccato il
Messico in risposta all'attacco di Pearl Harbor ... Un problema che
poteva essere affrontato chirurgicamente - ricorrendo ad azioni di
incursori e Forze Speciali abbinate a risolutezza in diplomazia, e ad
azioni legali, coordinazione internazionale e misure di autodifesa molto
ragionevoli - è stato gonfiato a dismisura dall'amministrazione Bush”.
A proposito della destra islamica e della sua travolgente
affermazione, Dreyfuss scrive: “Primo, gli Stati Uniti debbono fare il
possibile per eliminare i rancori che inducono i musulmani adirati a
cercare conforto in organizzazioni come la Fratellanza Musulmana. ...
Come minimo gli Stati Uniti possono compiere dei passi importanti,
miranti ad indebolire la capacità della destra islamica di reclutare.
Unendosi all'ONU, agli Europei ed alla Russia, gli Stati Uniti
potrebbero contribuire a risolvere il conflitto israeliano-palestinese
in maniera tale da garantire giustizia per i palestinesi; uno stato che
sia effettivamente capace di essere geograficamente ed economicamente
indipendente, cosa che richiede il ritiro degli stanziamenti israeliani
illegali, un ritiro di Israele all'incirca entro i confini del 1967, ed
una divisione stabile ed equa di Gerusalemme. Questo, più di ogni altra
iniziativa, eliminerebbe le motivazioni su cui prospera la destra
islamica.
“Secondo, gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare le proprie pretese
imperiali sul Medio Oriente. Ciò esigerebbe un ritiro delle forze USA
dall'Afghanistan e dall'Iraq, lo smantellamento delle basi militari USA
nel Golfo Persico e le strutture in Arabia Saudita, ed una drastica
riduzione della presenza navale, delle missioni di addestramento
militare e delle vendite di armi”.
La ricetta piena di buon senso presentata da Dreyfuss per
neutralizzare il fermento della destra islamica è utile, ma l'aspetto
più qualificante del suo libro è certamente la ricostruzione storica
attenta e documentata di come l'Inghilterra ha sponsorizzato la
Fratellanza Musulmana e le reazioni sconclusionate da parte degli
americani che hanno condotto il mondo sull'orlo della guerra perpetua da
“scontro delle civiltà” che Londra ha sempre istigato e a cui gli USA
tradizionalmente sono contrari.
La sinarchia imperiale britannica
Sebbene sia stata formalmente costituita in Egitto nel 1928, la
Fratellanza Musulmana affonda le sue radici nella massoneria che gli
inglesi avevano promosso due generazioni prima, nell'ultimo quarto del
XIX secolo. A quell'epoca l'intelligence britannico pilotò
l'affermazione di uno sciita di origine Persiana, Jamal ed-Din poi noto
come
Jamal ed-Din Al Afghani (1838-1897). Massone britannico e
francese, e ateo dichiarato, Al Afghani promosse le insurrezioni
“islamiche” laddove esse tornavano sistematicamente utili agli obiettivi
imperiali britannici. Ad un certo punto egli arrivò a ricoprire in Iran
gli incarichi di ministro della guerra e primo ministro, prima di
capeggiare un'insurrezione contro lo scià. In Egitto fondò il movimento
Giovane Egitto, come parte di una rete mondiale di organizzazioni
giacobine di facciata che nella seconda metà del XIX secolo L'Inghilerra
mise in campo contro i suoi rivali imperiali. In Sudan, a seguito della
rivolta nazionalista di
Mahdi e l'assassinio di
lord Gordon, Al Afghani organizzò una controrivoluzione “islamista” a sostegno della restaurazione del controllo coloniale britannico.
L'impronta di una sofisticata tradizione “veneziana” in Al Afghani si
riconosce nella sua “economia della verità”, e cioè la verità usata
come strumento di intrighi imperiali. Forse fu ad onore di questa
“verità” che adottò il nome di Al Afghani per nascondere le origini
persiane e le radici sciite perché gli inglesi avevano bisogno di lui
nelle regioni sunnite.
Tra gli orientalisti britannici più in vista che gestirono Al Afghani
ci fu Edward Granville Browne. Ogni volta che ne aveva bisogno, Al
Afghani si recava a Londra per ricevere tutto il denaro che chiedeva e
per disporre di case editrici e altri comforts.
Al Afghani contava soprattutto sulla collaborazione di
Mohammed Abduh (1849-1905), suo discepolo e come lui al servizio degli inglesi. Nato in Egitto, Abduh fondò il movimento
Salafiyya con l'appoggio del proconsole britannico in Egitto Evelyn Baring (
lord Cromer). Nel decennio del 1870 Al Afghani e Abduh fondarono il movimento
Giovane Egitto soprattutto
per contrastare i nazionalisti secolari egiziani. Verso la metà del
decennio successivo i due erano a Parigi, dove fondarono una rivista
sponsorizzata da massoni inglesi e francesi chiamata
«al-'Urwa al-wuthqâ» (Legame indissolubile).
Da alcuni resoconti si può desumere che durante i tre anni che
vissero a Parigi Al Afghani e Abduh ebbero rapporti con Saint-Yves
D'Alveydre, il fondatore del
movimento sinarchista. Da Parigi poi i due tornarono a Londra.
Nel 1899, due anni dopo la morte di Al Afghani, lord Cromer fece di Abduh il
Gran Mufti d'Egitto. A sua volta Abduh nominò come suo successore
Mohammed Rashid Rida
(1865-1935), un siriano emigrato in Egitto e presto diventato suo
discepolo prediletto. Rida fondò l'organizzazione che sarebbe diventata
l'immediata precorritrice della Fratellanza Musulmana, la «Società di
propaganda e guida» (Society of Propaganda and Guidance).
Quest'organizzazione massonica pubblicò una rivista,
«al-Manar»
(Il faro), che raccoglieva i sostegni “islamici” al dominio imperiale
britannico sull'Egitto denigrando i nazionalisti secolari egiziani
bollandoli come “atei ed infedeli”. Sempre sotto l'egida britannica,
Rida lanciò anche al Cairo un suo
«Institute of Propaganda e Guidance»
che si occupava di raccogliere da ogni parte islamici da addestrare per
agitare la piazza. Rida e altri discepoli di Abduh fondarono il
Partito del Popolo, che faceva apertamente campagna a favore del dominio coloniale britannico.
Dall'Institute for Propaganda and Guidance proviene una figura centrale anche nel Partito del Popolo,
Hassan al-Banna (1906-49), che
nel 1928 fondò la Fratellanza Musulmana.
All'origine questa formazione era una operazione di facciata pura e
semplice dell'intelligence britannico. La moschea di Ismailia, in
Egitto, dove la fratellanza ebbe il suo primo centro, fu edificata da
un'impresa britannica, la Suez Canal Company, nei pressi di una base
militare britannica della prima guerra mondiale. Durante la seconda
guerra mondiale la Fratellanza Musulmana funzionò di fatto come un
reparto delle forze armate britanniche. Nel 1942 la fratellanza creò un
“Apparato Segreto”, un'organizzazione paramilitare clandestina
specializzata in operazioni di assassinio e spionaggio.
Hitler e il Gran Mufti di Londra
Negli anni formativi della Fratellanza Musulmana l'apparato coloniale britannico dell'
Arab Bureau promuoveva anche un altro “islamista”, chiamato
Hajj Amin al-Husseini.
Decisamente debolino in teologia islamica, al-Husseini compensava le
lacune con un acceso anti-semitismo. Su di lui cadde la scelta di
sir Ronald Storrs, governatore generale britannico e collaboratore di
sir Herbert Samuel,
l'alto commissario britannico per la Palestina. Nel 1921 al-Husseini
era già stato piazzato come presidente del Consiglio Supremo Musulmano,
un'associazione molto selezionata di clerici sponsorizzata dagli
inglesi. L'anno successivo sir Ronald Storrs fece in modo che dalle
“elezioni” al-Husseini emergesse come
Gran Mufti di Gerusalemme.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale al-Husseini, che intanto
era stato spinto a fare comunella con al-Banna, fuggì da Gerusalemme per
rispuntare a Berlino, dove fece propaganda per la politica antisemitica
dei nazisti. Sebbene il gesto fosse un aperto tradimento degli inglesi,
alla fine della seconda guerra mondiale al-Husseini tornò
tranquillamente in Terra Santa, di nuovo al soldo dei servizi di Sua
Maestà, questa volta con l'incarico di fare propaganda anticomunista per
la
Near East Broadcasting Station, all'epoca la principale
emittente radio per tutto il Vicino Oriente, con centro a Cipro e di
proprietà del governo britannico. Al-Husseini continuò ad operare agli
ordini inglesi nella destra islamica del Vicino Oriente offrendo anche
rifugio agli avanzi del regime nazista che i servizi inglesi mandarono
in quella regione come esperti di anti-comunismo.
Hassan al-Banna fu assassinato nel 1949 dagli agenti dei servizi
egiziani. Ma a quel punto la Fratellanza Musulmana aveva già ampliato
notevolmente le sue file in Medio Oriente, in corrispondenza con le zone
dove gli inglesi esercitavano il maggiore controllo. A capo della
Fratellanza subentrò
Said Ramadan, il genero di Al-Banna. Questi
aveva in precedenza creato nuove strutture della fratellanza con una
serie di intensi viaggi in tutto il Vicino Oriente. Si stima che nel
1947 la fratellanza potesse contare su 25 mila uomini nella sola
Palestina, una parte dei quali era attiva in formazioni paramilitari
clandestine.
Cervello inglese e muscolo americano
La prematura scomparsa del presidente americano
Franklin D. Roosevelt,
nell'aprile del 1945 dette a Londra mano libera nel cercare di
ridefinire a modo suo gli assetti mondiali del dopoguerra. Con il famoso
discorso della “Cortina di ferro”, nel 1946
Winston Churchill
lanciò la Guerra Fredda e quindi quell'alleanza Anglo-Americana che lui
stesso ebbe poi modo di definire in questi termini: “Con il cervello
inglese ed il muscolo americano possiamo dominare il mondo”. Fu così che
cominciò la collusione anglo-americana con la Fratellanza Musulmana e
le sue filiazioni della destra islamica, il tutto sotto un ombrello
comune, quello della lotta all'ateismo comunista. Purtroppo i politici
americani, sapientemente imbeccati dagli inglesi, hanno spesso finito
per travisare i movimenti nazionalisti legittimi nel mondo arabo,
considerandoli delle operazioni dei sovietici, nonostante le proteste
provenienti da diplomatici ed esperti americani.
Dreyfuss passa attentamente in rassegna le diverse fasi della politica americana degli anni Cinquanta nei confronti
dell'Iran e
dell'Egitto,
due paesi islamici in cui il nazionalismo secolare rappresentò un
fenomeno molto importante. In ambedue i casi, gli Stati Uniti hanno
finito per stare dalla parte della Gran Bretagna contro i legittimi
governi secolari popolari di
Gamal Abdel Nasser, in Egitto, e di
Mohammed Mossadeq,
in Iran. Ed in ambedue i casi gli anglo-americani hanno usato la
Fratellanza Musulmana per affossare quei governi indesiderati. Nel caso
dell'Egitto gli sforzi anglo-americani inizialmente fallirono (e il
presidente
Dwight Eisenhower, in quella che fu la più decisa
presa di distanze da Londra, sconfisse l'invasione congiunta di
britannici-francesi-israeliani di Suez nel 1956, sostenendo
temporaneamente il regime di Nasser. Per molti anni, dopo la crisi di
Suez, Eisenhower e gli Stati Uniti furono ammirati in Egitto).
Tra gli architetti del Grande Gioco concepito dall'Inghilterra per
mettere l'Islam contro il comunismo nel Vicino Oriente, spicca
Bernard Lewis,
esperto dell'Arab Bureau durante la guerra che poi coniò il famoso
slogan “scontro di civiltà”. Dreyfuss analizza il libro scritto da Lewis
nel 1953
«Communism and Islam» in cui fu presentata la
proposta di promuovere movimenti e regimi islamisti di destra da
utilizzare come arma contro i tentativi dei sovietici di far sentire la
loro influenza nel Vicino Oriente.
Il piano di Lewis riscosse l'entusiasmo dei fratelli Dulles, il segretario di stato John Foster Dulles e il direttore della CIA Allen Dulles,
mentre il presidente Eisenhower e alcuni specialisti mediorientali
della CIA come Miles Copeland, che era stato l'uomo di contatto con
Nasser, manifestarono le loro riserve. Nel 1953, poco dopo la
pubblicazione del libro di Lewis, i fratelli Dulles organizzarono alla
Casa Bianca un incontro del presidente con Said Ramadan. Quest'ultimo
era negli USA per una conferenza sull'Islam all'Università di Princeton
alla quale parteciparono molti notabili della Fratellanza Musulmana
provenienti da ogni parte del mondo arabo.
Mentre nei confronti di Nasser a Washington regnava l'ambivalenza, il primo ministro britannico Anthony Eden non aveva alcun dubbio nel considerare il presidente egiziano come una minaccia che occorreva eliminare con decisione.
Nel 1954 George Young, alto ufficiale dei servizi
segreti britannici MI6 di stanza al Cairo, ricevette da Eden l'ordine di
assassinare Nasser. Young, stando ai documenti dell'MI6, si sarebbe
rivolto all'“Apparato Segreto” della Fratellanza Musulmana per
affidargli l'incarico. Verso la metà dell'anno tra Fratellanza Musulmana
e Nasser era guerra aperta e le vittime si contavano a migliaia. La
fratellanza fu poi costretta a ripiegare e sloggiare dall'Egitto,
riparando in Arabia Saudita, Giordania e altri stati arabi nella sfera
britannica o americana.
Nel libro «Sleeping with the Devil», l'ex
ufficiale della CIA Robert Baer narra come gli USA finirono per adottare
la “carta islamica” degli inglesi: “Alla base di tutto a Washington
c'era questo piccolo e sporco segreto: la Casa Bianca considerava la
Fratellanza come un alleato silenzioso, un'arma segreta contro
(cos'altro?) il comunismo. Le azioni coperte furono avviate negli anni
Cinquanta dai fratelli Dulles - Allen alla CIA e John Foster al
dipartimento di Stato - quando essi permisero all'Arabia Saudita di
finanziare i Fratelli in Egitto contro Nasser. Per Washington Nasser era
un comunista ... La logica della guerra fredda condusse ad una chiara
conclusione: se Allah era d'accordo a combattere dalla nostra parte
benissimo. Se Allah conveniva che l'assassinio politico era permesso,
anche questo andava bene, basta che non se ne parlasse in pubblico tra
gente perbene”.
Baer aggiunge: “Come ogni altra operazione coperta ben
riuscita, questa era rigorosamente tenuta fuori dal bilancio. Non ci
furono rapporti della CIA, o promemoria al Congresso. Nemmeno un
centesimo fu sborsato dal Tesoro per finanziarla. In altre parole,
nessuna traccia documentale. Bastava che dalla Casa Bianca facessero un
cenno con la testa o strizzassero l'occhio ai paesi che ospitavano la
Fratellanza Musulmana, come Arabia Saudita e Giordania”.
Le operazioni in Iran: “Made in England”
Mentre le iniziative di Eden per liquidare Nasser fecero fiasco, la
risposta anglo-americana agli sviluppi iraniani fu al paragone un
successo, anche se notevolmente esagerato. Ma fu un successo che alla
fine finì per ritorcersi contro Londra e Washington.
Dreyfuss documenta come, contrariamente a quanto generalmente
creduto, la Fratellanza Musulmana non fosse un movimento esclusivamente
sunnita. In Iran, un clerico sciita come l'
ayatollah Seyyed Abolqassin Kashani era
stato stretto collaboratore di Al Banna, Ramadan e altri Fratelli. Nel
1943 fondò in Iran la branca sciita della Fratellanza Musulmana nota
come i
Devoti dell'Islam. Come la Fratellanza Musulmana, i Devoti
dell'Islam disponevano di proprie squadre di assassini. Nel 1949 essi
fallirono un attentato ordito contro lo scià e due anni dopo riuscirono
invece ad assassinare il primo ministro iraniano gen. Ali Razmara.
Ironicamente, proprio a seguito di questo assassinio lo scià nominò primo ministro
Mohammed Mossadeq
e da qui maturò la situazione per un altro colpo di mano
anglo-americano contro un regime nazionalista secolare, erroneamente
bollato come “comunista”. Come in Egitto, gli inglesi si rivolsero alla
Fratellanza Musulmana - i Devoti dell'Islam - perché orchestrassero
scontri di piazza ed altri episodi che condussero al rovesciamento di
Mossadeq. Il golpe in Iran fu poi usato per alimentare la leggenda sugli
agenti della CIA
Kermit e Archibald Roosevelt, che avrebbero organizzato i
bazaari
(gli strati dei commercianti) per soffocare l'ondata comunista e
impedire la nazionalizzazione delle holding petrolifere britanniche. Una
fonte iraniana ben informata spiega invece che Mossadeq prese la
decisione di farsi da parte piuttosto che schierarsi con il partito
comunista iraniano sostenuto dai sovietici o istigare i suoi sostenitori
ad ingaggiare scontri con la Fratellanza Musulmana ed i bazaari ad essa
alleati. In quel cosiddetto “golpe”, il fatto che Mossadeq decise di
tenere in massima considerazione gli interessi della popolazione
iraniana ebbe un peso ben più determinante delle presunte prodezze
clandestine dei nipoti di Theodore Roosevelt e dei loro soci britannici.
La principessa
Ashraf Pahlevi, la sorella gemella dello scià,
nonostante i dubbi che circondano il ruolo da lei personalmente
ricoperto, dette senz'altro voce a quello che allora molti pensavano a
proposito del ruolo degli inglesi quando affermò: “Molti clerici
influenti si sono alleati ai rappresentanti di potenze straniere,
sopratutto britannici, tanto che in Persia circolava insistentemente una
battuta che diceva che se tiri su la barba ad un clerico, dietro vedrai
scritto “Made in England”... Con l'incoraggiamento degli inglesi, che
vedevano nei mullah una forza valida contro i comunisti, gli elementi
della destra religiosa estrema cominciavano di nuovo ad affiorare, dopo
essere stati soppressi per anni”.
Obiettivo: Siria e Afghanistan
Lo scontro successivo tra la destra islamica sostenuta da Londra ed
il comunismo fu orchestrato in Siria. A Londra scelsero di nuovo la
Fratellanza Musulmana come cavallo di battaglia. Il ramo siriano della
Fratellanza si chiamava
Shabab Muhammed ed aveva nella
Avanguardia dei combattenti
il suo braccio paramilitare. La formazione era stata costituita da
Ramadan, genero ed erede di Hassan al-Banna, fondatore della
Fratellanza.
Con il golpe del
partito Baath del 1969, la Fratellanza si
dette ad una guerra irregolare che si protrasse per tutti gli anni
Settanta. Nel 1979 la Fratellanza Musulmana inscenò un attacco militare
contro l'Accademia dell'Esercito siriano ad Aleppo, incendiando
l'edificio principale e uccidendo 83 cadetti. La guerra tra il governo e
la Fratellanza provocò migliaia di morti. Alla fine i membri siriani
della Fratellanza cercarono riparo in Arabia Saudita.
Mentre questo braccio di ferro sulla Siria si stava ancora svolgendo,
gli Stati Uniti furono di nuovo trascinati in quella che è stata la più
chiara alleanza tra Washington, Londra e la destra islamica: la guerra
in Afghanistan. Dreyfuss offre a questo proposito un sintetico riepilogo
sull'evoluzione della Fratellanza Musulmana nel remoto Afghanistan.
Anche in questo caso le radici vanno ricondotte all'Egitto. Un gruppo di
giovani studenti afghani trascorse qualche anno alla
moschea al-Azhar del Cairo,
un centro delle attività della Fratellanza Musulmana. Rientrati in
Afghanistan, gli studenti costituirono una branca della Fratellanza,
la Società Islamica.
“I professori”, come erano chiamati i fondatori, costituirono
il nucleo centrale dei mujaheddin afghani che per decenni condussero una
guerra finanziata dagli americani e dagli inglesi contro le forze di
occupazione sovietica. I tre “professori” principali furono
Abdul Rasul Sayyaf, Burhanuddin Rabbani e
Gulbuddin Hekmatyar. Sayyaf e Hekmatyar in particolare godevano del sostegno dei servizi militari pachistani
ISI e della branca pachistana della Fratellanza, il Gruppo Islamico fondato da
Abdul Ala Mawdudi.
Contrariamente alle leggende che vanno per la maggiore, la Guerra in
Afghanistan non fu la risposta occidentale all'invasione di quel paese
iniziata dai sovietici nel Natale del 1979. In un’intervista rilasciata a
giornalisti francesi,
Zbigniew Brzezisnki, allora Consigliere
per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, si vantò di aver
convinto il presidente ad autorizzare operazioni di sostegno preventivo
per i ribelli mujaheddin, provocando in tal modo l'invasione sovietica.
I tre personaggi sopra menzionati guidarono i gruppi principali
dell'insurrezione afghana. Ma, come documenta Dreyfuss, si stima che
almeno 35 mila arabi “afghansi” furono reclutati in altri paesi per
combattere in quella guerra, che si protrasse per un decennio.
Tra i personaggi più importanti di questo reclutamento spicca
Abdullah Azzam,
membro della Fratellanza Musulmana in Palestina. Nel 1984, sotto il
patrocinio anglo-americano e pakistano, Azzam e il suo principale
protetto,
Osama bin Laden, fondarono a Peshawar in Pakistan il
Service Bureau.
Questo Service Bureau si occupava di raccogliere e coordinare i
volontari arabi provenienti dall'estero per unirsi alla resistenza
afghana. Azzam era stato reclutato alla Fratellanza in Siria negli anni
Sessanta.
Mentre i neoconsevatori di Washington come
Michael Ledeen e
Richard Perle si prodigarono, negli anni di Reagan, a presentare al mondo politico americano
Hekmatyar
e altri leader “Afghansi” come “combattenti per la libertà”, c'era
almeno un ufficio della CIA, con vaste esperienze nel Medio Oriente, che
si preoccupava di lanciare moniti contro questa pericolosa cecità della
politica americana.
Martha Kessler, funzionario dirigente alla CIA tra il 1970 ed
il 2000, ha spiegato a Dreyfuss: “Dopo la seconda guerra mondiale
avevamo un sistema in cui i nostri funzionari venivano piazzati nelle
principali città, e lì il movimento islamista non attecchiva, si
sviluppava invece nelle campagne e nei centri minori”. Durante la guerra
in Afghanistan la Kessler scrisse una serie di promemoria per spiegare
come gli sviluppi stessero prendendo decisamente una piega
anti-americana in Pakistan, Afghanistan, Egitto e Sudan.
“Dissi che quando i governi della regione cominciarono a voler
cooptare gli islamisti, questo avrebbe cambiato il carattere di quei
governi. Io ero tra coloro che erano convinti che ciò avrebbe assunto
toni generalmente anti-occidentali”, sostiene il sopra citato Robert
Baer, confermando il giudizio di Kessler. Egli operava nel centro
anti-terrorismo della CIA, dopo l'assassinio del presidente egiziano
Anwar Sadat perpetrato
dalla Fratellanza Musulmana nel novembre 1981. Sadat, che per un
periodo era stato membro della Fratellanza Musulmana, era stato bollato
come traditore per aver firmato l'accordo di
Camp David insieme al primo ministro israeliano
Menachem Begin.
Baer riferisce: “Cominciai a raccogliere documentazioni sulla
Fratellanza Musulmana”, ma, conclude, “non era nelle nostre intenzioni
perseguitarli”.
Il pericolo oggi
A 17 anni dalla conclusione della guerra in Afghanistan e a quasi 5
anni dagli attacchi dell'11 settembre, i nodi vengono al pettine, ma i
neocons di Washington sono decisi a continuare ad ignorare la realtà.
Nel capitolo conclusivo, Dreyfuss mette a fuoco la figura di uno
“studioso” dell'American Enterprise Institute,
Reuel Marc Gerecht, un ex funzionario della CIA convertitosi alle dottrine neocon. Nel libro del 2005, intitolato
«The Islamic Paradox: Shiite Clerics, Sunni Fundamentalists and the Coming of Arab Democracy»,
Gerecht sostiene che Washington dovrebbe chiaramente schierarsi con la
destra islamica, sia sciita che sunnita. Si dice convinto che la
Fratellanza Musulmana in Egitto sia preferibile al regime di Mubarak e
che un dominio sciita in Iraq possa condurre ad un'era di democrazia di
stile occidentale. Per Gerecht persino
un ayatollah Khomeini sarebbe preferibile al presidente Mubarak:
“Khomeini sottopose la proposta di una repubblica democratica ad un
voto plebiscitario nel 1979, giacché per concepire una propria
legittimità un regime ha bisogno di elezioni con qualche elemento di
competizione, cosa che invece non si può affatto dire della dittatura
del presidente Hosni Mubarak in Egitto ... L'anti-americanismo è il
denominatore comune degli stati arabi che hanno dittatori
'filoamericani'. Al confronto, l'Iran è un paese profondamente
filoamericano.” Sofismi di questo tipo, se si lasciano correre,
finiranno per cancellare definitivamente l'immagine degli Stati Uniti
come il faro della libertà per le popolazioni del mondo. Un passo
essenziale per ribaltare l'attuale follia di politica estera e di
sicurezza che porta il nome di “guerra globale al terrorismo” è arrivare
ad una comprensione della storia universale. La ricostruzione offerta
da Dreyfuss del modo in cui l'America ha sconsideratamente abbracciato i
fratelli musulmani dell'Inghilterra rappresenta una utile lezione in
tal senso.